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  Marco Boato - attività politica e istituzionale
   

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Roma, Camera dei Deputati, 25 gennaio 2006
ESERCIZIO DOMICILIARE DEL VOTO PER TALUNI ELETTORI,
RILEVAZIONE INFORMATIZZATA DELLO SCRUTINIO
E AMMISSIONE AI SEGGI DI OSSERVATORI OSCE

Disegno di legge di conversione, con modificazioni del decreto legge n. 1 del 2006.
Intervento di Marco Boato
Resoconto sommario e stenografico Aula seduta n. 737 di mercoledì 25 gennaio 2006

MARCO BOATO. Signor Presidente, considerata l'ora tarda, non mi dilungherò e, per correttezza, mi richiamo agli interventi che in fase di discussione sulle linee generali hanno svolto altri colleghi dell'Unione, segnatamente gli onorevoli Bressa, Marone, Mascia, Intini e Spini, nonché agli interventi che, nel corso di questa fase di interventi sul complesso degli emendamenti, hanno svolto i colleghi Boselli, Soro e Cabras.

Nel condividere i loro interventi, debbo aggiungere che hanno sottolineato vari aspetti di riflessione critica sul decreto-legge al nostro esame, in realtà estendendo, come è giusto e doveroso, la riflessione a ciò che sta all'origine di questo decreto-legge, cioè alla sciagurata legge elettorale che è stata approvata.

Signor Presidente, credo sia stato opportuno l'intervento sull'ordine dei lavori svolto poco fa dal collega Intini ed a cui si sono associati anche i colleghi Innocenti e Boccia.

È evidente, signor Presidente, che, come lei ha detto, il Governo sceglie di farsi rappresentare in aula come vuole e, comunque, è in questo momento rappresentato da un sottosegretario per l'interno, a parte altri due sottosegretari che sono qui forse per altri motivi. Tuttavia, è altrettanto evidente sul piano politico - non c'è un obbligo formale di tipo istituzionale - che, in una fase così delicata ed importante, abbiamo assistito nelle ultime ore e negli ultimi giorni al profilarsi di un autentico scontro di carattere istituzionale, che forse non ha precedenti nella storia del nostro paese.

Si tratta di una fase in cui qualunque «virgola» - dico virgola tra virgolette -, qualunque piccola innovazione si introduca sul terreno delle procedure elettorali o che, viceversa, non si voglia introdurre può avere una grande rilevanza per l'espressione della volontà democratica dei cittadini italiani nelle prossime elezioni politiche del 9 e 10 aprile. In questa fase, l'opportunità - lo dico con garbo e con rispetto, come in genere cerco di fare - che intervenga il principale responsabile - a meno che non si voglia invocare la presenza in aula del Presidente del Consiglio dei ministri (il quale, però, raramente frequenta quest'aula perché frequenta di più le televisioni) -, in altre parole, l'opportunità della presenza in aula del ministro dell'interno, io credo sia condivisa e condivisibile.

Dal momento che occorrono ancora alcuni passaggi prima di arrivare al varo definitivo di questo decreto-legge, mi permetto di suggerire alla Presidenza della Camera, ma anche al rispettabilissimo sottosegretario per l'interno che qui rappresenta il Governo, D'Alì, come sia opportuno segnalare questa insistita, ma cortese e non offensiva richiesta rivolta dai gruppi dell'opposizione al ministro dell'interno, perché forse lo stesso Governo potrebbe avere interesse a corrispondere positivamente a questa richiesta.

Aggiungo ancora un paio di riflessioni che, in modo implicito, ho già fatto poc'anzi. La prima è che, a mio parere, il vizio di origine rispetto a ciò di cui stiamo discutendo in quest'aula non sta tanto in questo decreto-legge, rispetto al quale, come il presidente Bruno può testimoniare, noi stiamo intervenendo senza aver frapposto ostacoli insormontabili. Si tratta di un decreto-legge che è stato trasmesso, credo, stamattina, con un messaggio del Senato, e che si è svolta una riunione della Conferenza dei presidenti di gruppo per calendarizzarlo ed è stato inserito stamattina all'ordine del giorno, con il consenso di oltre i tre quarti dell'Assemblea, la Commissione affari costituzionali lo ha esaminato in poche decine di minuti e, nella stessa giornata, lo stiamo discutendo in quest'aula. Quindi, se qualcuno, come spesso accade al Presidente Berlusconi, dice che c'è l'ostruzionismo dell'opposizione, si faccia passare questa «fregola» polemica perché, dal punto di vista della collaborazione istituzionale, l'opposizione sta assumendo un atteggiamento che definire responsabile è dir poco. Tuttavia, questo non significa non vedere i problemi che ci sono e che i colleghi hanno già evidenziato ampiamente.

Il vizio di origine di questa situazione, come dicevo, non sta tanto in questo decreto-legge, quanto nell'imposizione della sciagurata nuova legge elettorale, non solo per il suo impianto complessivo ma anche per una serie di aspetti procedurali che sono stati messi in evidenza; alcuni di essi vengono ripresi negli emendamenti presentati dai colleghi della Rosa nel Pugno, da una parte, e da tutti gli altri gruppi dell'Unione, dall'altra, su cui, tuttavia, vi è un parere contrario sia della maggioranza della Commissione che del Governo, come fra poco verrà formalizzato.

L'altro aspetto che mi ha e che ci ha preoccupato è costituito, come accennato poc'anzi, dal profilarsi, assolutamente inedito ed inaudito (nel senso tecnico-etimologico della parola «inaudito»), di questo scontro istituzionale tra le competenze ed i poteri del Presidente del Consiglio e le competenze ed i poteri del Presidente della Repubblica Ciampi.

Andando a ritroso nella mia memoria, non credo di sbagliare se ricordo che, nella lunga, ampia come un diluvio e dilagante - questa è l'espressione più esatta! - conferenza stampa di fine anno (che ha addirittura «travolto» interi telegiornali con quella lunga mattinata), il Presidente del Consiglio, nel dicembre del 2005, annunciò lui stesso che la data per lo svolgimento delle elezioni sarebbe stata quella del 9 e del 10 aprile 2006 e che lo scioglimento anticipato delle Camere era ipotizzato per il 29 gennaio. Non se lo è inventato il Presidente della Repubblica Ciampi!

Noi, da alcuni giorni, abbiamo improvvisamente assistito ad un ripensamento del Presidente del Consiglio. Qualcuno ha ipotizzato una sorta di «vendetta trasversale» per il fatto che il Presidente Ciampi, come è suo diritto costituzionalmente garantito, ha rinviato alle Camere il provvedimento noto come proposta di legge Pecorella. Ma, se fosse vero che vi sarebbe stata questa sorta di «vendetta trasversale», ciò sarebbe umiliante non solo per chi l'avesse messa in atto, ma anche per tutti noi e per le istituzioni del nostro paese.

Voglio tuttavia insistere: il Presidente del Consiglio, a fine dicembre, aveva annunciato queste due date. Se le ha annunciate, evidentemente, è perché le aveva concordate con il Presidente della Repubblica, in base al principio di leale collaborazione tra i poteri dello Stato. Infatti, è ben vero che la competenza sullo scioglimento delle Camere è riconducibile al Capo dello Stato, sentiti i Presidenti di Camera e Senato, ma è altrettanto vero che, in base al principio di leale collaborazione, è opportuno e doveroso che lo stesso Presidente della Repubblica eserciti tale potere in correlazione con le valutazioni espresse dal Governo. Chi ha cambiato idea, quindi, è stato il Presidente del Consiglio, non il Capo dello Stato!

Qualcuno potrebbe domandarsi cosa abbia a che vedere questo con ciò che stiamo facendo adesso. C'entra, onorevoli colleghi, c'entra. Infatti, stiamo esaminando un decreto-legge che è stato adottato precedentemente (poiché porta la data del 3 gennaio) - e che ora reca, al proprio interno, una serie di norme, concernenti il dimezzamento del numero di firme richieste e la riapertura dei termini per sindaci e presidenti di provincia che intendessero candidarsi, nonché altre disposizioni, che forse hanno diversa natura e diversa origine -, non nell'arco di pochi giorni (un decreto-legge, infatti, deve essere esaminato e convertito, ai sensi della Costituzione, entro 60 giorni dalla sua pubblicazione), ma in poche ore!

È evidente, allora, che tutto ciò ha una strettissima connessione con il conflitto istituzionale da me segnalato, anche se, per fortuna, è finalizzato non ad accentuarlo, ma a risolverlo. Parlo con responsabilità: come deputato dell'opposizione, infatti, ho interesse a che i conflitti istituzionali non si accentuino, ma si risolvano. Potrei avere un interesse elettorale a che si accentuino, ma ho l'interesse di parlamentare della Repubblica a che si risolvano.

La tempestiva approvazione del decreto-legge in esame è collegata alle premesse politico-istituzionali. Infatti, auspico che il conflitto che si è aperto si possa rapidamente chiudere, anche se, purtroppo, la responsabilità dell'apertura di tale conflitto appartiene non ai due soggetti coinvolti - il Presidente della Repubblica ed il Presidente del Consiglio -, ma esclusivamente al premier, il quale, dopo aver annunciato a fine anno una decisione, l'ha clamorosamente smentita pochi giorni fa.

Mi fermo qua, signor Presidente. Non sono entrato nel merito di tutte le proposte emendative presentate, che, come ho già affermato, condivido dalla prima all'ultima; non ho ripreso tutte le tematiche che miei colleghi hanno già sviluppato, poiché concordo anche con queste, dalla prima all'ultima.

Volevo sottoporre all'attenzione dell'Assemblea la gravità della ragione originaria dei problemi, ossia l'imposizione unilaterale della nuova legge elettorale e la gravità del contesto di conflitto istituzionale in cui ci siamo dovuti inserire nelle ultime ore.

(Dichiarazioni di voto finale - A.C. 6292.)

MARCO BOATO. Signor Presidente, quando si definiscono regole e procedure sarebbe auspicabile che si creasse sul piano parlamentare una larga convergenza. Poi, in forza di quelle regole e di quelle procedure, le forze politiche e gli schieramenti alternativi si confronteranno, si combatteranno, cercheranno, ciascuna di esse, di conquistare la vittoria. Tuttavia - ripeto -, le regole del gioco, le procedure che a queste presiedono, dovrebbero essere largamente condivise all'interno di un Parlamento, di qualunque Parlamento.

Come ho già detto nel corso del mio intervento sul complesso degli emendamenti, il vizio di origine della vicenda che ci troviamo ad affrontare sta proprio nel fatto che qualche mese fa, a partire da settembre, si è voluto improvvisamente imporre a questo Parlamento, in modo unilaterale e calpestando totalmente il confronto con le opposizioni, un nuovo sistema elettorale: tutto questo solo per ragioni di potere all'interno dei gruppi e dei partiti della maggioranza pro tempore (spero lo sia ancora per poco tempo). È a partire da quella imposizione unilaterale di un nuovo sistema elettorale che si sono create tutte le conseguenze nefaste che noi registriamo quotidianamente nello scontro politico nel nostro paese e anche all'interno delle aule parlamentari.

Ha fatto bene il collega Cabras a ricordare che, se si fosse trattato soltanto di alcuni adeguamenti recati all'interno delle disposizioni originarie del disegno di legge, forse anche l'atteggiamento dei gruppi dell'opposizione avrebbe potuto essere diverso. Tuttavia, ciò che è emerso dal dibattito in quest'aula, nella discussione generale e negli interventi sul complesso degli emendamenti che abbiamo svolto, quanto in particolare è emerso poco fa dagli interventi del collega Boccia, prima, e, in termini più generali, del collega Villetti - ricordo anche il collega Cabras e, da ultimo, il collega Bressa -, mette in evidenza che non si è avuta la capacità, neppure in questa circostanza, di affrontare in modo equilibrato, equanime ed egualitario, sulla base di una concezione liberale, la questione dell'eguaglianza di posizioni ai «blocchi di partenza» di una competizione elettorale. Non si è avuta la capacità, inoltre, di affrontare i gravi problemi che sono stati aperti dall'approvazione della nuova legge elettorale e che si sono accentuati nel prosieguo della legislatura.

Se non ricordo male, un collega appartenente al gruppo di Alleanza nazionale, l'onorevole Nespoli, ha affermato, qualche ora fa, che nulla è cambiato. No: tutto è cambiato, collega Nespoli. Infatti, quando, nel 1993, venne introdotto il nuovo sistema elettorale (ricordo che allora ero un componente della Camera dei deputati), avevamo stabilito, proprio in base ad una concezione autenticamente liberale, che tutte le forze politiche che si fossero presentate alle elezioni avrebbero dovuto raccogliere le firme per poterlo fare, a prescindere se fossero state presenti o meno nel Parlamento precedente allo svolgimento della consultazione elettorale.

Quella era un'autentica concezione liberale, così come un'autentica concezione liberale ispira la cosiddetta par condicio. Si tratta di un tema che non abbiamo affrontato nel corso della seduta odierna, ma che intendo solamente accennare. Ricordo che il Presidente Berlusconi ha denunciato, da settimane e da mesi, l'ingiustizia della par condicio. Vorrei tuttavia osservare che, secondo la sua concezione, il gruppo ed il partito di Forza Italia, che prima del 1994 non esisteva, non avrebbe dovuto avere spazi televisivi nelle elezioni che si sono svolte in quello stesso anno.

Vorrei sottolineare, dunque, che se applicassimo retrospettivamente la concezione del Presidente Berlusconi (che pure è il leader di Forza Italia), secondo cui gli spazi televisivi - che si sta prendendo, a man bassa, in queste settimane! -, nel momento elettorale, non dovrebbero essere improntati alla par condicio, allora avremmo retrospettivamente dovuto negare a Forza Italia, che non era presente nel Parlamento della XI legislatura, qualsiasi possibilità di accesso agli spazi elettorali televisivi.

Ciò fa capire come, purtroppo, si cerchi di stabilire le regole del gioco in base non ad una concezione di uguaglianza, di pari opportunità e di equilibrio, ma alla convenienza politica del momento. Questo, rispetto ad una concezione liberale della democrazia in generale e della competizione elettorale, che rappresenta il momento in cui si esprime la sovranità popolare, è inaccettabile!

Per questi motivi, signor Presidente, a nome della componente politica Verdi-l'Unione del gruppo Misto, dichiaro, assieme a tutti gli altri gruppi dell'opposizione, il nostro voto contrario sul disegno di legge di conversione in esame (Applausi dei deputati del gruppo Misto-Verdi-l'Unione).

 

  Marco Boato

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